FAQ ECOMMERCE
1. Cosa si intende per e-commerce e quali attività riguarda?
Il concetto di e-commerce, acronimo di electronic commerce, si può tradurre in italiano con l’espressione commercio elettronico e riguarda la vendita di beni, di servizi e anche di prestazioni di diversa natura.
Lungi dall’essere recente, il fenomeno pur essendo esploso negli ultimi anni, è piuttosto risalente nel tempo: già nella Comunicazione della Commissione Europea COM (97) 157 del 15 aprile 1997 si definisce, infatti, come commercio elettronico come lo svolgimento di attività commerciali per via elettronica.
Il concetto di e-commerce ricomprende, pertanto, attività disparate quali la commercializzazione di merci e servizi per via elettronica, la distribuzione online di contenuti digitali, l’effettuazione per via elettronica di operazioni quali trasferimenti di fondi, la compravendita di azioni, l’emissione di polizze di carico, le vendite all’asta, la progettazione e ingegneria in cooperazione, l’on line sourcing, la stipula di appalti pubblici per via elettronica e la vendita diretta al consumatore e servizi post-vendita (V. https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:1997:0157:FIN:IT:PDF).
Non si può parlare, pertanto, di e-commerce unitariamente ma bisogna sempre differenziare il fenomeno a seconda del contesto e dei destinatari dei beni e servizi offerti.
In primo luogo, si deve distinguere l’e-commerce fra diretto e indiretto.
Si intende per commercio elettronico diretto lo scambio di beni o servizi che avviene interamente online e che riguarda beni immateriali, digitali o digitalizzabili come, ad esempio, e-book, software o musica.
Il commercio elettronico indiretto, invece, si articola in uno scambio di beni o servizi attraverso uno scambio di volontà telematica che è seguita da atti di esecuzione (ossia lo scambio di beni e servizi) nel mondo analogico. L’esempio classico è quello della spedizione del bene all’indirizzo indicato dall’acquirente.
In secondo luogo, il commercio elettronico si differenzia anche a seconda dei destinatari a cui si rivolge. Ad esempio, se l’e-commerce si rivolge a imprenditori o professionisti si parlerà di e-commerce B2B (Business to Business), mentre se si rivolge a consumatori si tratterà di e-commerce B2C (Business to Consumer). Esiste, inoltre, anche una terza categoria di e-commerce C2C (Consumer 2 Consumer) dove privati si scambiano direttamente online beni e servizi, ad esempio, nell’ambito di compravendita di beni usati.
Sempre più imprenditori, anche PMI, scelgono di offrire i propri beni e servizi online secondo il modello dell’e-commerce.
Questo modello di business offre grandissime potenzialità di crescita economica e significative opportunità di abbattere molti costi che sono tipici delle modalità di distribuzione tradizionali, come quelli di magazzino ma non solo.
Inoltre, sempre più consumatori stanno vincendo la diffidenza verso questo modello di vendita e si fidano sempre di più degli acquisti effettuati online che offrono, molte volte, significativi vantaggi rispetto alle modalità di acquisto tradizionali in termini di risparmio di costi e di comodità in quanto il bene viene recapitato con comodità al domicilio del consumatore.
2. Cosa devo fare per realizzare un e-commerce a norma di legge?
Il fenomeno del commercio elettronico è regolato da numerose norme di Legge. Pertanto, realizzare un e-commerce a norma di Legge richiede l’intervento specifico di un Professionista specializzato.
La fonte principale che regola l’e-commerce è individuata nel Decreto Legislativo 9 aprile 2003, n. 70 “Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico”, ma questa è solo una fra le diverse fonti normative che bisogna rispettare.
In secondo luogo, se i beni o servizi sono rivolti a consumatori e persone fisiche è necessario anche garantire il rispetto del Codice del Consumo (D.Lgs. n. 206/2005) tenendo conto del fatto che, in questo caso, i contratti di e-commerce conclusi con il consumatore rientrano nei cosiddetti “contratti a distanza”.
Inoltre, se l’e-commerce si rivolge a persone fisiche, è necessario garantire il rispetto del GDPR (Reg. UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016): il Regolamento generale per la protezione dei dati personali. Garantire una protezione adeguata dei dati personali dei consumatori è particolarmente importante se l’e-commerce implementa sistemi di profilazione della clientela per aumentare le vendite.
Da ultimo, è necessario garantire il rispetto del Regolamento europeo sulle Online Dispute Resolution (ODR) – Regolamento (UE) N. 524/2013 del parlamento europeo del 21 maggio 2013 e la direttiva europea sulle Alternative Dispute Resolution (ADR) che disciplinano le procedure destinate a risolvere al di fuori delle autle di Tribunale le controversie tra imprese e consumatori originate dai contratti di beni e servizi stipulati online.
3. Quali sono i diritti del consumatore che devo assicurare per rispettare la Legge?
Il commerciante che vuole aprire il proprio e-commerce deve garantire il rispetto di numerosi diritti del consumatore che possono essere di natura informativa o formale oppure sostanziale.
Gli obblighi di fornire le informazioni generali obbligatorie, le informazioni dirette alla conclusione del contratto e ogni altro elemento relativa al bene o al servizio offerto hanno natura formale.
Hanno natura sostanziale, invece, il diritto di recesso, il diritto di consegna del bene acquistato, il diritto ad ottenere in caso di recesso o in cui si faccia valere una garanzia la sostituzione o il rimborso del bene e il diritto a proporre reclamo.
Inoltre, il commerciante deve assicurare al consumatore la possibilità di accedere a sistemi di ODR (Online Dispute Resolution) e di potere fare causa al Professionista nel luogo di residenza o di domicilio del consumatore.
Per garantire il rispetto di questi diritti, specialmente di quelli aventi natura sostanziale, è bene sviluppare periodici audit di valutazione dell’efficienza delle procedure adottate nell’ottica di monitorare e dimostrare la conformità di queste alle disposizioni di Legge.
Assicurare il rispetto di questi diritti consente non solo di rispettare la Legge ed evitare sanzioni e class action, ma anche di aumentare il margine competitivo verso i propri concorrenti.
Nessun e-commerce dovrebbe, quindi, essere aperto senza una conoscenza, almeno basilare del codice del consumo e delle altre fonti normative rilevanti.
4. E’ possibile limitare i diritti dei consumatori?
Non è possibile, in genere, limitare a piacimento i diritti dei consumatori senza conseguenze, soprattutto nell’ottica di conseguire un maggiore profitto sacrificando il rispetto della legalità. Tuttavia, la Legge permette al ricorrere di certe ipotesi di escludere o limitare alcuni diritti.
Ad esempio, il commerciante può rifiutare il reso nel caso di fornitura di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati, di beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente, di beni sigillati che non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici o connessi alla protezione della salute e sono stati aperti dopo la consegna oppure di beni che, dopo la consegna, risultano, per loro natura, inscindibilmente mescolati con altri beni.
Non si può, per contro, limitare il diritto del consumatore a fare causa nel luogo dove ha residenza o domicilio o ad essere adeguatamente informato sul bene o servizio acquistato online.
Ogni volta in cui il commerciante decide di limitare i diritti dei consumatori è, pertanto, necessario che valuti attentamente le scelte per evitare di incorrere in una violazione di Legge.
5. Come gestisco eventuali controversie con i clienti e che cosa sono le online dispure resolution?
Premesso che è sempre meglio tentare di evitare ogni contenzioso giudiziale in genere e col consumatore in particolare; per Legge, ogni controversia con il consumatore deve essere decisa nel Tribunale dove il consumatore ha la residenza o il domicilio.
Ogni patto in deroga a questa disposizione di Legge è, in genere, considerato nullo a meno che il consumatore non decida di indicare un Foro diverso. In quest’ultimo caso, tuttavia, il professionista ha l’onere di provare la diversa pattuizione.
Una controversia giudiziale è, tuttavia, spesso sconveniente anche per il Professionista in quanto lo espone a costi significativi e a probabili pregiudizi reputazionali e possibile perdita di clienti.
La Legge, per favorire sistemi di composizione stragiudiziale della lite, impone al Professionista di pubblicare sui propri siti web un link elettronico ad una piattaforma ODR (Online Dispute Resolution), che è uno strumento concepito per agevolare la comunicazione fra il commerciante e il cliente e anche l’utente commerciale.
Un organismo di risoluzione delle controversie è, infatti, un’organizzazione o una persona imparziale che aiuta i consumatori e i commercianti a risolvere le controversie senza dover andare in Tribunale.
L’implementazione di questi sistemi avviene risponde, pertanto, anche ad uno specifico interesse del professionista che ha tutto l’interesse ad evitare contenziosi giudiziali e a evitare pregiudizi reputazionali.
6. Cosa devo fare se voglio creare un e-commerce che opera solamente in ambito B2B?
Un e-commerce che opera in ambito B2B, dove i beni o servizi sono rivolti esclusivamente ad altri imprenditori o professionisti, non richiede di rispettare le norme del Codice del Consumo e nemmeno il GDPR.
Ugualmente, il commerciante potrà profilare con una certa libertà i propri clienti senza doversi preoccupare di garantire il rispetto della normativa nazionale ed europea sulla protezione dei dati personali che riguarda solamente le persone fisiche.
Si applicheranno, pertanto, solo le norme generali del codice civile, seppure con qualche particolarità. Ad esempio, non si avrà l’obbligo di assicurare alla controparte il recesso libero nel termine di 14 (quattordici) giorni, ma la disciplina di riferimento sarà comunque quella generale in materia di recesso, annullamento, nullità ed inefficacia del contratto.
In particolare, troveranno applicazione gli articoli 1341 e 1342 del Codice Civile relativi ai contratti per adesione. Quindi, le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti della controparte se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle. Ugualmente, se non sono specificamente approvate per iscritto, non hanno effetto le cosiddette clausole vessatorie.
Sono vessatorie, ad esempio, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero impongono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
Particolari problematiche pone, da ultimo, l’approvazione e la documentazione del consenso in ambito online, specie se nel contratto inserisco clausole vessatorie che necessitano, per essere efficaci, della doppia sottoscrizione della controparte.
Nel caso in cui l’e-commerce abbia natura mista e venda beni o servizi anche ai consumatori è necessario, tuttavia, applicare la disciplina protezionistica a tutela del consumatore che dovrebbe affiancarsi a quella B2B più favorevole al commerciante.
7. Che cosa si intende per pratiche commerciali scorrette?
Sono ricompresi nell’ambito delle pratiche commerciali scorrette, tutti quei comportamenti che danneggiano il consumatore e sono contrari alla diligenza professionale.
In particolare, questi comportamenti sono idoeni a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio inducendolo ad operare scelte di acquisto che il consumatore, se debitamente informato, non avrebbe operato.
Le pratiche commerciali scorrette possono concretizzarsi in codotte attive od omissive e possono essere realizzate in qualsiasi momento: antecedente, contestuale o posteriore alla produzione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori.
Esempi concreti di pratiche commerciali scorrette consistono nel fornire al consumatore informazioni inesatte, imprecise o incomplete non solo riguardo al prodotto ma anche in relazione a prestazioni accessorie come, ad esempio, i tempi e i costi della consegna del bene.
È scorretta, altresì, la pratica consistente nel fornire al consumatore un numero a pagamento, quale unica modalità di contatto nella fase post vendita in quanto limitativa dei diritti del consumatore.
Per evitare di commettere pratiche necessarie scorrette è consigliabile operare un’analisi dei processi aziendali nell’ottica di individuare le criticità nei contratti e nelle prassi aziendali per evitare di incorrere in violazioni della legge e possibili class action e sanzioni.
8. Quali sono le sanzioni in caso di mancato rispetto della normativa?
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è competente a comminare le sanzioni per la violazione delle norme a tutela dei consumatori.
In genere, il mancato rispetto delle normative in tema di e-commerce espone il titolare a sanzioni amministrative che possono ammontare fino a 10.000,00 Euro.
Nei casi più gravi, ad esempio qualora le informazioni o la documentazione fornite non siano veritiere, l’Autorità può applicare sanzioni amministrative più significative che variano da un minimo di 4.000 Euro fino anche a 40.000 Euro.
Nei casi più gravi, dove il contratto preveda clausole vessatorie in danno al consumatore, l’Autorità può imporre la pubblicazione del provvedimento che accerta la vessatorietà della clausola mediante pubblicazione su apposita sezione del sito internet istituzionale dell’Autorità, sul sito dell’operatore e mediante ogni altro mezzo ritenuto opportuno in relazione all’esigenza di informare compiutamente i consumatori a cura e spese dell’operatore. In caso di inottemperanza alle disposizioni di cui al presente comma, l’Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 50.000 euro.
Oltre ai profili amministrativi, il mancato rispetto delle norme a tutela del consumatore mi espone anche a class action che possono essere attivate da un singolo consumatore oppure da associazioni di categoria e che hanno ad oggetto l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore degli utenti consumatori e ogni consumatore è libero di aderire alle class action contro il Professionista.
Non rispettare le norme di legge espone il mio business, pertanto, a perdite economiche e di clienti, pregiudizi reputazionali nonché cause e contenziosi contro consumatori e Associazioni di categoria.
9. Come mi posso difendere contro la sanzione dell’autorità garante o da una class action?
Un e-commerce che rispetta la Legge e assicura i diritti dei consumatori non dovrebbe essere sanzionato dall’Autorità Garante e dovrebbe essere al riparo da eventuali class action.
Nel caso di sanzione ingiusta, tuttavia, ci sono numerosi strumenti di tutela a favore del commerciante.
In primo luogo, i provvedimenti e le sanzioni dell’Autorità Garante si possono impugnare avanti il Tribunale Amministrativo Regionale secondo quanto stabilisce il Codice del Processo Amministrativo.
Il TAR può, nel caso in cui accolga la domanda proposta, escludere interamente l’applicazione della sanzione annullando il provvedimento oppure ridurne, in ogni caso, l’importo se questa risulta essere eccessiva.
Formulando apposita istanza cautelare è possibile, inoltre, ottenere la sospensione degli effetti della sanzione fino al provvedimento definitivo del Giudice.
Se, in genere, è difficile che un consumatore faccia causa ad un commerciante, c’è da prendere in considerazione seriamente il rischio che una violazione dei diritti dei consumatori possa dare origine ad una class action che può essere attivata da Associazioni di categoria oppure da uno o più consumatori.
Nel caso in cui il Professionista sia convenuto in una class action è opportuno costituirsi in giudizio per evitare di perdere la causa e scongiurare eventuali pregiudizi reputazionali. In questa sede è, infatti, possibile richiedere al Giudice l’ordinanza di inammissibilità dell’azione di classe se questa è manifestamente infondata.
10. Come posso tutelarmi nei confronti del Marketplace dove vendo i miei prodotti o servizi?
Molti commercianti vendono i propri prodotti od offrono i propri servizi nei marketplace di spazi terzi, come ad esempio Amazon o Zalando, e molto spesso sono costretti ad accettare condizioni vessatorie ed inique.
Il nuovo Regolamento UE 1150/2019 accorda, tuttavia, una specifica protezione ai cosiddetti utenti commerciali, ossia il business che offre beni o servizi ai consumatori tramite servizi di intermediazione online.
Ad esempio, gli utenti commerciali hanno diritto ad avere termini e condizioni contrattuali redatti in un linguaggio semplice e facilmente reperibili che specifichino e declinino le condizioni vessatorie, compresa la facoltà per il cybermediary di limitare, sospendere o cessare la fornitura del servizio. La cessazione del servizio, in particolare, deve essere motivata e comunicata all’utente commerciale con un preavviso di almeno 30 giorni. Ugualmente, deve essere garantita la trasparenza in merito ai criteri di posizionamento indicandone con precisione i parametri.
Sotto il profilo sostanziale, inoltre, i fornitori di servizi di intermediazione online non possono imporre modifiche retroattive dei termini e delle condizioni, a meno che queste non siano imposte da un obbligo normativo o regolamentare o siano vantaggiose per gli utenti commerciali. I fornitori, inoltre, sono tenuti a garantire che i loro termini e le loro condizioni includano informazioni sulle condizioni alle quali gli utenti commerciali possono risolvere la relazione contrattuale con il fornitore di servizi di intermediazione online e devono inserire nei loro termini e nelle loro condizioni una descrizione relativa all’accesso tecnico e contrattuale.
Da ultimo, i marketplace sono tenuti ad integrare un sistema interno per la gestione dei reclami accessibile e gratuito per gli utenti commerciali oltre che a garantire agli utenti commerciali un accesso ai dati di natura sia personale che non personale.
FAQ SMART CONTRACT
COSA SONO GLI SMART CONTRACT?
Gli smart contract sono dei programmi informatici, o software, che governano e regolano i rapporti fra due o più parti secondo le istruzioni impartite.
Nick Szabo definisce per la prima volta il concetto di smart contract già nel 1994 come “a computerized protocol that executes the terms of a contract.”
Gli smart contract non sono quindi un contratto/agreement in senso stretto; ma, piuttosto, dei mezzi per realizzare in una maniera automatizzata ed efficiente la volontà delle parti inserita nell’ambito di un regolamento contrattuale programmato a monte.
COME FUNZIONANO GLI SMART CONTRACT?
Al pari di altri programmi i protocolli di programmazione degli smart contract prevedono l’esecuzione secondo lo schema “if-then”: al verificarsi della condizione stabilita dalle parti, il programma automatizza il processo. Ad esempio, lo smart contract può eseguire un pagamento automatizzato o sospendere l’esecuzione di un pagamento programmato se si verifica una determinata condizione come la mancata partenza di un aereo o il verificarsi di un particolare evento atmosferico che provoca un danno di particolare gravità.
GLI SMART CONTRACT SONO DAVVERO INTELLIGENTI?
Tutte le scienze, umane e matematiche, accettano il fatto che non esiste un solo tipo di intelligenza, ma diversi e che il concetto di intelligenza è sempre relativo.
Questa affermazione è particolarmente vera per gli smart contact posto che l'”intelligenza” in senso lato di uno smart contract è limitata al suo perimetro operativo e, dunque, ai limiti stabiliti in sede di programmazione dello stesso.
Ne consegue che, difficilmente, uno smart contract può essere più intelligente del programmatore e che l’intelligenza dello strumento non può andare oltre il perimetro operativo e lo scopo per il quale il “contratto” è stato programmato.
Tuttavia, bisogna riconoscere che gli smart contact sono più intelligenti rispetto ai loro antenati cartacei perché l’esecuzione degli stessi può essere in tutto o in parte automatizzata aa differenza dei loro antenati cartacei che richiedono l’apporto umano, come l’atto materiale di disporre il pagamento, per essere eseguiti.
QUALI SONO I FALSI MITI SUGLI SMART CONTRAT?
Molti falsi miti circondano gli smart contract la cui disciplina è, al momento, a uno stadio embrionale.
A titolo esemplificativo, i seguenti fatti sui contratti intelligenti sono falsi miti:
- realizzano un processo negoziale capace di eseguirsi in modo autonomo senza alcuno intervento umano
- non necessitano di una disciplina tecnico-normativo di riferimento per avere valore legale grazie alla blockchain
- il contratto intelligente non può esistere senza blockchain e senza le tecnologie della società dell’informazione: il costrutto teorico degli smart contract teorizzato da Szabo precede, infatti, la tecnologia blockchain,
- l’affermazione di contratti intelligenti permette di superare ogni problema relativo all’identificazione delle parti attraverso la blockchain.
Lo smart contract è, infatti, un mezzo e non il fine e come ogni altro strumento tecnologico deve essere progettato per essere conforme a standard tecnici e norme di Legge e necessiterà di operatori qualificati in grado di comprenderne e governarne i processi.
LO SMART CONTRACT E’ UN CONTRATTO?
Lo smart contract non è un contratto in senso tecnico secondo quanto stabilito dall’art. 1321 del Codice Civile, nel senso di accordo (o agreement) volto a creare regolare od estinguere un rapporto giuridicamente rilevante fra le parti.
Esso è, piuttosto, da intendersi come uno strumento per eseguire la volontà delle parti.
L’art. 8-ter del D.L. 135/2018 Tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract stabilisce espressamente che deve intendersi per «smart contract» un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o piu’ parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse.
QUALE E‘ LA FORMA DELL’ACCORDO NELLO SMART CONTRACT?
Il contenuto dell’accordo è scritto con un linguaggio informatico attraverso un’attività di coding della condizione contrattuale, in genere secondo lo schema di esecuzione “if/then“.
Lo smart contract non è una (nuova) fattispecie di contratto, bensì un « veicolo » per esternare la volontà umana come lo sono un foglio di carta su cui scrivere, un documento informatico o qualsiasi altro supporto materiale o immateriale che possa contenere segni decifrabili.
Il contratto intelligente permette, quindi, di automatizzare l’esecuzione del contratto, ma non l’attività di negoziazione in senso stretto.
GLI SMART CONTRACT RENDERANNO INUTILE L’APPORTO UMANO?
Gli smart contract riescono ad automatizzare determinati processi attraverso l’attività di programmazione di condizioni e termini contrattuali.
Questi strumenti sono quindi, sicuramente, un mezzo efficiente per realizzare dei programmi, ma la totale disintermediazione promessa che – allo stato – dovrebbe offrire è ancora un falso mito.
Se è vero che l’inserimento delle informazioni è un processo che può essere automatizzato a mezzo di sistemi hardware o software oppure realizzati da professionisti qualificati e formati, è verosimile che per le transazioni di maggiore valore, come per le compravendite in materia immobiliare, sarà sempre necessario l’intervento umano.
Pertanto, sarà richiesta la formazione di figure specializzate che operano con l’approccio suggerito dalla Commissione Europea con una formazione mista “law + technology”.
Ne consegue che l’avvocato o notaio del futuro sarà chiamato a svolgere il ruolo di oracle e dovrà garantire l’accuratezza, precisione e autenticità dei dati inseriti nel testo di programmazione e poi registrati in blockchain.
CHE COS‘E’ LA BLOCKCHAIN E COME FUNZIONA?
La blockchain è una tecnologia che appartiene alla categoria delle tecnologie Distributed Ledger (DLT) la cui caratteristica è la possibilità di creare degli archivi distribuiti tra tutti partecipanti alla rete (nodi).
Il dato generato viene registrato in un nodo e registrato in un ledger , ossia un registro costituito dall’insieme dei blocchi che sono tra loro incatenati tramite una funzione di crittografia e grazie all’uso di hash che identifica in maniera univoca la transazione.
Le transazioni all’interno del registro sono registrate in modo ordinato e sequenziale attraverso la funzione di hash grazie alla quale ogni voce contenuta nella base dati è matematicamente collegata alla voce precedente e ogni variazione/transazione viene registrata in un nuovo blocco.
Le principali caratteristiche delle tecnologie blockchain sono:
– l’immutabilità (allo stato dell’arte) del registro blockchain,
– la trasparenza,
– tracciabilità delle transazioni
– la sicurezza e anonimità dell’informazione basata su tecniche crittografiche.